Bello questo
quadro, vero? Bene, ma chi senza una spiegazione riesce a darne una
spiegazione? Perché è bello ed importante?
L’opera è “Il
ritratto dei coniugi Arnolfini” eseguita nel 1434 da Jan Van Eyck, pittore fiammingo.
Ci troviamo in epoca rinascimentale, artisticamente c’è la spinta verso la
ricerca della rappresentazione fedele del reale, le raffigurazioni sono ambientate
e la prospettiva irrompe. Van Eyck è un innovatore, a lui si attribuisce l’introduzione
dei colori ad olio, strumento imprescindibile per la cura estrema dei
particolari (elemento caratterizzante la scuola nordica) in quanto non
essiccano come la tempera fin li usata. Della cura dei particolari, ognuno con
un preciso significato (già wikipedia esplicita), questo quadro ne è esempio luminoso: gli zoccoli di lui e di lei, le arance sulla finestra, il
cagnolino, il lampadario, e soprattutto lo specchio in cui si possono scorgere
oltre ai coniugi altre due figure (una certamente l’autore). Sotto il
lampadario c’è la firma che non è una semplicemente firma - Johannes de Eyck fuit hic (Jan de Eyck era
presente). Con quel “fuit hic” viene esplicitata la testimonianza oculare del
fatto da parte dell’artista, per la prima volta nella storia. Scrive E. H. Gombrich
ne “Il mondo dell’arte”: “…un simile impiego del nuovo genere di pittura,
paragonabile all’uso legale di una fotografia debitamente sottoscritta da un
testimone.” Van Eyck il primo fotoreporter?
Tutta questa
serie di motivi, che ho ignobilmente sintetizzato (gli uomini di buona volontà possono
approfondire), rendono l’opera un capolavoro, ma non volendo ciò considerare è
comunque chiaro che le opere d’arte hanno un significato, raccontano, e che
tale significato per essere compreso necessità di uno studio, di conseguenza indispensabile anche
per l’apprezzamento.
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