mercoledì 20 novembre 2013

Regalo gradito per Natale.


Bello questo quadro, vero? Bene, ma chi senza una spiegazione riesce a darne una spiegazione? Perché è bello ed importante?
L’opera è “Il ritratto dei coniugi Arnolfini” eseguita nel 1434 da Jan Van Eyck, pittore fiammingo. Ci troviamo in epoca rinascimentale, artisticamente c’è la spinta verso la ricerca della rappresentazione fedele del reale, le raffigurazioni sono ambientate e la prospettiva irrompe. Van Eyck è un innovatore, a lui si attribuisce l’introduzione dei colori ad olio, strumento imprescindibile per la cura estrema dei particolari (elemento caratterizzante la scuola nordica) in quanto non essiccano come la tempera fin li usata. Della cura dei particolari, ognuno con un preciso significato (già wikipedia esplicita), questo quadro ne è esempio luminoso: gli zoccoli di lui e di lei, le arance sulla finestra, il cagnolino, il lampadario, e soprattutto lo specchio in cui si possono scorgere oltre ai coniugi altre due figure (una certamente l’autore). Sotto il lampadario c’è la firma che non è una semplicemente firma -  Johannes de Eyck fuit hic (Jan de Eyck era presente). Con quel “fuit hic” viene esplicitata la testimonianza oculare del fatto da parte dell’artista, per la prima volta nella storia. Scrive E. H. Gombrich ne “Il mondo dell’arte”: “…un simile impiego del nuovo genere di pittura, paragonabile all’uso legale di una fotografia debitamente sottoscritta da un testimone.” Van Eyck il primo fotoreporter?
Tutta questa serie di motivi, che ho ignobilmente sintetizzato (gli uomini di buona volontà possono approfondire), rendono l’opera un capolavoro, ma non volendo ciò considerare è comunque chiaro che le opere d’arte hanno un significato, raccontano, e che tale significato per essere compreso necessità di uno studio, di conseguenza indispensabile anche per l’apprezzamento.

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